Il mio cuore non è strada d'agosto.
Forse, Signore,
è un nero asfalto ribollente
che odora solo di catrame e,
tra le alte ali delle case,
sa solo il rimbombo delle motorette,
nel traffico urbano,
fatto di fretta e distrazione.
Però non son tanto distratta
da non vedere gli occhi dei semafori
che si accendon di luce rossa e verde,
per ritmare le corse e gli arresti,
con quella sospensione dell'arancio
che è come un respiro d'attesa.
E mi accorgo anche dei lampioni spenti che, a sera,
si accenderanno per rendere sicuro il nostro andare.
E, infine, con stupore,
vedo un filino d'erba
che s'è fatto strada tra l'asfalto,
ne ha perforato la corazza
e s'è affacciato per vedere il sole.
Non ha la fortuna dei suoi fratelli dei prati;
il sole, alto, sui muri delle case,
lo sfiora appena per un breve momento.
Però basta, all'intrepido stelo
che ha vinto la nera durezza del mantello asfaltato
per vivere la sua vita,
fatta di chiasso, di violenze, di offesa
ma che però ha lui pure i suoi giorni e le sue notti;
e il ritmo urbano della gente che esce, al mattino,
rientra alla sera, nelle ore "di punta":
fa, a sua volta,
il mestiere di vivere.
Adriana Zarri